28 marzo 2012

Fili che non vedi.

Ce ne sono di tutti i tipi.

Ci sono quelli sottili, che senti tirare dietro al collo ad ogni attimo quando ti volti
indietro. Ci sono quelli ruvidi, che ti pizzicano la pancia quando non li segui. Ci
sono quelli che tagliano, affilati come rasoi, che ti si aggrovigliano dentro. E questi
non li vedi.

Ci sono quelli grossi, color di spago, che ci legano. Più persone incontri, più si
ingarbugliano; più si arrotolano, più si accorciano. Ne hai bisogno ma ti vanno
stretti, e li senti accanto, tesissimi, mentre fai delle scelte. E una volta spezzati li
senti ancora lì, mentre fai altre scelte. Ma anche questi non li vedi.

Poi ci sono quelli che si legano tra loro, che si sfregano dispettosi e furtivi, quasi
portassero a qualcosa di già scritto. (Qualcuno li chiama coincidenze.) Oppure
quelli che più si allungano più stringono, fanno uno, due, tre giri e non te ne liberi
più. (Qualcuno li chiama passione.) E neanche questi, no, neanche questi puoi
vedere.

E poi ci sono quei quelli strani e appiccicosi che ti seguono, che crescono con te, che
fanno parte di te. Quelli che non hanno inizio né fine, che collegano tutto e tutti, che
con calma arrotolano il mondo e quello che contiene. Questi sì, che si ingarbugliano
ben bene. (Qualcuno li chiama percorso, altri vita.)

E a volte, quando uno di loro si stacca, qualcuno riesce a vederlo, e lo acchiappa al
volo. Per poi scoprire che porta ad un altro filo.


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Questo pezzo lo trovate all'interno del libretto di "Fili Invisibili", il primo, potentissimo album di Dj Aladyn.
Il pezzo nasce come cartella stampa sui generis, estrema, per poi acquisire un suo senso, come visione di vita e di realtà ben annodate l'una con l'altra.

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