Rino Coschi, detto Rico, nasce nel 'quarantacinque a Banali, un piccolo paesetto nel cuore dll'appennino toscoemiliano. Fin da piccolo non ha amici, né interessi, né sogni: è uno di quelli che, qualsiasi cosa gli capiti, non si scotta, e tutti lo sanno. Finisce a Rebibbia nel 'sessantasette per rapina a mano armata. In gabbia ci sta come un pesce nel mare blu. Esce nel 'settanta, libertà vigilata. Per dieci anni fa il muratore a mille lire al giorno. Mette su una sua piccola impresa. Nell'ottantasei si sposa con una puttana romena. Nel 'novanta diventa papà. Il figlio non è suo perché la moglie batte, ma lui se ne fotte. Apre un ristorante con un amico. L'Ufficio d'Igene gli fa chiudere tutto nel 'novantadue: merda di topo nei coni Algida. L'amico finisce al fresco per concussione e lui per bancarotta fraudolenta. La finanza glielo butta in culo definitivamente con un paio di registri truccati. Sta un annetto in gabbia, la moglie e il figlio non li rivedrà mai più. Durante un trasferimento in tribunale, ruba la pistola a un agente, ammazza un paio di vecchi per strada e sequestra una ragazzina che era andata a fare il suo primo giro con la Punto nuova di zecca. Trovano la ragazza in un fosso nei pressi di Orte, con il collo spezzato. Rico piange per tutto il tragitto in autostrada, per giorni, fino a Livorno. Si imbarca su un cargo, sbarca in Brasile settimane dopo. Finisce nelle favelas, si affilia a una nota gang. Ammazza poco, ruba molto. Un giorno la polizia lo becca a spacciare. Lo portano in caserma e lo picchiano a sangue. Gli spezzano la trachea, il vomito gli finisce nei polmoni. Il corpo ritorna in Italia con tutti gli onori.
Rino Coschi, a dire il vero, è una testa disegnata per noia.
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