Non c'è niente da fare.
Alcune storie, per quanto cerchi di sfuggirgli, ti trovano, ti prendono e ti rigirano come pare a loro.
Vogliono essere raccontate, lo pretendono.
E il modo? Cristosanto, nel modo esatto in cui vogliono loro! Proprio così! Senza remore, senza educazione, senza buonsenso.
Vedete, c'è questa lezione che impari una volta che raccontare diventa una cosa quotidiana. E' una lezione semplice:
Le storie sono puttane.
Puttane egoiste, ubriache. Tutte
Ti dànno loro stesse in toto, al massimo, dandoti in cambio il piacere di prenderle.
Ma non si fanno tenere per mano, neanche ti permettono un bacio rapido. Quasi tutte, diciamolo.
Alcune vogliono essere pagate subito, e okay, altre con calma, pian piano. E sono quelle che costano di più.
Le storie sono puttane ubriache di loro stesse.
Questi sketch sono di una di quelle storie.
Questa in particolare è una puttana calma, e meno male.
Cioè: pretende, ma con i suoi tempi. Lo sa che ci sono altre troie da cavalcare prima di lei.
E' furba: lo sa che se mi fa incazzare sono guai, quindi attende buona buona il suo turno.
Oddio, "buona buona". Più o meno.
Questa storia che sto approntando insieme ad un mio amico (che di lavoro fa musica e la manda in onda) è un horror sui generis. Passa attraverso più media. E' da un bel po' che ce l'abbiamo in testa, che cerchiamo di unire quello che fa lui a quello che faccio io, e quest'estate ho finalmente trovato il tempo di buttare giù il soggetto. Dopo un meeting rapido in quel d'Abruzzo, le idee sono un po' più chiare.
Ci vorranno anni, ma lei, la storia, come vi ho detto, lo pretende.
Questi, deo gratias, sono gli ultimi sketches di una moleskina arrivata a fine estate ciancicata, stravolta, distrutta.
Come una puttana montata troppo, direi.
(Ma che io sia dannato se l'ho mai sentita lamentarsi.)
Le storie, diciamolo, sono quello che sono.
Per questo innamorarsi è così facile.
Nessun commento:
Posta un commento